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Paolo De Martino

Attivista politico

C'era una volta la sinistra. 

Ieri, durante la maratona alla ricerca di Ciampolillo, i cosiddetti compagni sui social esultavano per una non vittoria del governo. È vero che la costituzione non prevede un numero preciso per avere la maggioranza in parlamento, ma davvero pensate che si possa governare in questo modo? L’avvocato del popolo ha ottenuto la maggioranza risicata al senato grazie anche al sostegno di senatori dell’opposizione. I compagni eletti e quelli fuori dal parlamento inneggiano alla vittoria e alla costruzione di una nuova maggioranza. Bene. La si realizza insieme a una certa Renata Polverini ex Movimento Sociale? Oppure con i due onorevoli di Forza Italia? Il nostro è un paese che non ha memoria. Né passata né recente. Basta pensare che l’attuale premier è lo stesso che ha costruito un governo con Salvini! Ha promulgato i decreti sicurezza, ha sostenuto Trump e se il pesce a bror’ non avesse fatto la crisi del Papeete, Conte avrebbe continuato a governare con la destra più pericolosa della storia repubblicana. Invece, pare che molti abbiano dimenticato tutto questo e, in nome dell’unità nazionale, ieri sera avremmo dovuto tifare Conte. Altrimenti si era considerati Renziani o Salviniani. Giuseppi ha avuto l’abilità di passare da un governo con Salvini a un governo di centrosinistra, per sintesi, perché poi ci sarebbe da capire cosa hanno di sinistra il PD e il movimento grillino. Tutti ormai sono infatuati più dell’idea che della sostanza. Conte in pochi mesi ha ottenuto un successo social e non politico, non ha realizzato nulla per poterlo definire “statista”.
 
In questa pandemia la scuola, la sanità di prossimità, la cultura, le famiglie, il lavoro non sono mai state la priorità di questo esecutivo. A dicembre in piena crisi sanitaria è stato varato il Cashback, la chiave moderna del consuma e crepa. Tutti zitti, anzi tutti a spendere. Mentre quelli che non potevano restavano muti, perché la povertà è silenziosa, non ha voce. 
C’era una volta la sinistra. 

In questi giorni di una sciagurata crisi politica ho avvertito il tifo spropositato per un uomo che fino a qualche anno fa nessuno conosceva. È figlio del nostro tempo, quello dei like e delle visualizzazioni. Prima i politici si ricordavano per ciò che facevano in parlamento. Per le leggi che riuscivano ad approvare. Per la visione. Per le scelte che avrebbero inciso sulla vita delle persone. Insomma la politica. Invece, nel nostro tempo liquido non si misura più la credibilità di un politico con le sue azioni ma con la popolarità. Che tristezza!

“Ma siamo in piena pandemia”. È il commento più gettonato degli ultrà della domenica politica. Come se la crisi sanitaria autorizzasse ad avere un governo inefficace. I veri ultrà sono sempre dalla stessa parte, non cambiano mai casacca, hanno dei valori, degli ideali, ci credono e lottano. E se non si hanno i numeri, si fa un passo di lato. Se dobbiamo salvare il Paese si faccia un governo istituzionale che coinvolga la stragrande maggioranza del parlamento o si vada a elezioni. A Mattarella basterà sapere che si cercheranno altri responsabili? E se riusciranno in questa impresa, significherà che Conte in 3 anni ha cambiato tre maggioranze. E io personalmente non mi fido di una persona che pur di restare aI governo cerca consenso in ogni ramo del parlamento.

Ieri mi sono sentito a disagio, non riuscivo a provare le stesse emozioni della cultura dominante di questi giorni: Conte o morte. Forse complice la paura che ci è stata inculcata, si è venuto a creare il pensiero unico. Questo non permette un sereno dibattito politico per cercare soluzioni migliori. Anche perché è evidente che questo governo non è il massimo in termini di efficienza. Bene la prima fase del chiudi tutto. Ma poi? Le negligenze si sono viste alla prima prova importante, il Recovery Plan. La prima bozza era uno schema in stile lista della spesa, senza una chiara programmazione. Questo Paese non ha bisogno solo dei giusti ristori per tirare a campare, ha bisogno di essere modernizzato, di investimenti e di rilanciare l’economia e di sostenere serie politiche sociali ed ecologiche.

“Mai smettere di lottare per le disuguaglianze” diceva Emanuele Macaluso che per ironia della sorte se ne è andato proprio ieri, lasciando un vuoto incolmabile. Chissà cosa avrebbe detto di questa pagliacciata consumata nel luogo più alto del nostro Paese. Noi di “sinistra” abbiamo smesso di lottare siamo diventati spettatori di uno spettacolo indecoroso di cui siamo vittime e carnefici. C’era una volta la sinistra. 

I cronisti, quelli seri che lavorano da decenni come giornalisti politici, hanno scritto e detto che ieri in senato si offriva qualsiasi cosa a chi avesse votato la fiducia, definendolo il mercato delle vacche, aggiungo in stile Berlusconiano. Tra l’altro il discorso di Conte alle camere è stato una richiesta di aiuto, legittima, ma senza una linea politica. Aiutateci a restare al governo, era il sottotitolo.

In definitiva, il primo tempo di questa lunga lotta più personalistica che politica è finito. Finalmente. 
Resta il fatto che il Paese ha bisogno di risposte nell’immediato perché il problema non sono i numeri ma le idee che al momento mancano. Intanto, si costruisca una vera alternativa per le prossime elezioni.
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