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Gloria Di Miceli 

studentessa, attivista e militante.

Il giusto mezzo: la realtà declinata al femminile.

In questi mesi di pandemia, tra smart working, scuole chiuse, sanità al collasso, difficoltà di conciliare lavoro e cura degli anziani, ci siamo rese conto che serviva un cambio di paradigma nell’affrontare i problemi della nostra società e quindi nella gestione delle risorse pubbliche.

Così, alcuni mesi fa ispirandosi all’iniziativa Half of it della parlamentare europea Alexandra Geese, alcune imprenditrici, parlamentari, professioniste e attiviste hanno dato vita al Giusto Mezzo. Siamo un gruppo di donne della società civile, attive nel mondo del lavoro in diversi settori e con competenze specifiche. Oggi siamo 96 suffragette in tutto il territorio nazionale. Chiediamo che la metà delle risorse del Recovery Fund venga destinata alle donne, cioè a tutti quei settori che influiscono direttamente o indirette nella vita delle donne. Quello che chiediamo in particolare è un riequilibrio dei compiti di cura, una pari rappresentanza di genere ai livelli decisionali e negli organismi pubblici che dovranno elaborare le politiche di spesa. Le nostre proposte sono quindi di metodo ma anche di merito. Sono tre i problemi chiave su cui ci siamo focalizzate: l’allargamento dell’offerta sulla cura dalla prima infanzia alla terza età, il rilancio dell’occupazione femminile, il gender pay gap.

Riteniamo che la risoluzione a questi problemi si trovi attraverso degli interventi strutturali e non attraverso interventi parziali o bonus. I settori più colpiti dalla crisi in questi mesi sono quelli legati ai servizi di cura, dunque ad un ambito a maggiore presenza femminile. Infatti in Italia il 74% del lavoro di cura non pagato ricade sulle donne. Le attività di cura riguardano l’assistenza ai minori, ai malati e ai disabili e non sono riconosciute né economicamente né socialmente. Soltanto in questi ultimi mesi migliaia di donne hanno dichiarato di essersi licenziate per non poter coniugare il proprio lavoro con il lavoro di cura domestico. Un’altra parte consistente di donne non ha mai lavorato né cercato lavoro perché ha dovuto fare i conti con la mancanza di infrastrutture sociali come gli asili nido. Basti pensare che in Italia soltanto 24 bambini su 100 hanno un posto all’asilo nido. L’assenza di nidi nel territorio nazionale, con picchi altissimi al sud Italia, non è un problema che riguarda solo le donne, riguarda le famiglie, la società ma innanzitutto i bambini stessi. Gli studi dimostrano infatti che i bambini che entrano nel mondo della scuola già in tenera età, sono più costanti a scuola e saranno avvantaggiati nel mondo del lavoro.

Serve un riequilibrio dei compiti che riguardano le attività di cura coinvolgendo anche gli uomini. Nel 2030 si stima che l’Italia sarà il 14° paese al mondo per dipendenza degli anziani da persone in età lavorativa. In un paese come l’Italia in cui si nasce poco, l’aspettativa di vita è sempre più alta e talvolta i nonni ancora lavorano o non sono autosufficienti: senza una forte rete territoriale di infrastrutture sociali le disuguaglianze e la povertà sono destinate ad aumentare.

I maggiori impedimenti per l’occupazione femminile ad oggi sono la maternità e la cura della famiglia. Le donne si diplomano e si laureano più degli uomini in Italia, ma lavorano di meno e, a parità di mansioni, in media guadagnano il 16% in meno degli uomini. Se cresce il lavoro delle donne, crescono il Pil ed il Paese. Serve un rilancio dell’occupazione femminile per favorire ulteriormente l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro. Dunque la difficoltà a conciliare famiglia e lavoro, la denatalità, la povertà educativa sono problemi che riguardano tutti, non solo le donne, ma possono essere risolti soltanto con il totale coinvolgimento delle donne innanzitutto e con una visione di insieme integrata.  

Anche la disparità salariale influisce sulla disoccupazione femminile perché, nelle famiglie in cui è necessario che qualcuno rinunci al proprio lavoro per curarsi dei figli o degli anziani, è sempre la donna, dal momento che guadagna di meno, a lasciare il lavoro.

Le richieste che facciamo come Giusto Mezzo sono state sottoscritte da migliaia di donne e anche uomini in tutta Italia – ad oggi 48 mila- ed è stata inviata una lettera al presidente Conte. Una delegazione composta dalle fondatrici e dalle attiviste alcuni mesi fa ha incontrato i ministri Amendola e Provenzano per discutere della proposta.

La legge di bilancio 2021 ha intanto aumentato le risorse per la costruzione degli asili nido e ha esteso il congedo di paternità da 7 a 10 giorni, ma questo non basta. Il commissario europeo Gentiloni in questi giorni ha appoggiato l’iniziativa per un piano di Recovery che pensi alle donne. Al momento la bozza del Recovery destina agli ambiti di cui sopra ancora poche risorse, per questo e per tanti altri motivi noi non ci fermiamo. 
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