Paolo De Martino
Attivista
La foto di copertina è stata scattata all'esterno dell'ufficio immigrazione di Napoli.
Paolo De Martino
Attivista
Fonte Ministero degli Interni
Dove sono tutti questi migranti?
La domanda pare più che legittima ma la risposta è surreale. I migranti sono su navi quarantena. Vengono stipati su queste navi gestite da privati grazie ad accordi di affidamento diretto. Le informazioni che provengono da queste imbarcazioni sono poche e lacunose. Qualche tempo fa ci fu un appello di 150 associazioni italiane e internazionali sulla criticità del sistema in cui si legge:
“Il trattenimento a bordo di unità navali per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare o sbarcate autonomamente in Italia rappresenta una limitazione delle libertà di movimento delle persone e una violazione del divieto di discriminazione, poiché si attua con modalità differenziate per i soli cittadini stranieri in percorso migratorio e senza alcuna trasparenza e informazione a riguardo”.
A conferma di ciò, alcune persone che lavorano a bordo di queste navi ci hanno riferito che da contratto non possono dare informazioni. Le poche notizie che abbiano arrivano grazie all’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che nell’ambito del Progetto In Limine, ha recentemente pubblicato un report redatto a partire dalle informazioni ricevute nel corso di 82 interviste a persone transitate sulle navi quarantena tra aprile e novembre 2020 e nell’ambito del più ampio lavoro di assistenza legale svolto a supporto delle persone in arrivo.
Il rapporto stilato dall’Asgi evidenzia la preoccupazione dopo l’approvazione del Decreto cosiddetto “Sicurezza e immigrazione”, che disciplina per legge alcune delle prassi che sono state riscontrate illegittime, con il rischio di compromettere, in modo ancor più generalizzato, l’esercizio del diritto di asilo.
Ma la situazione non riguarda solo le navi quarantena. Le problematiche riguardano anche i migranti già presenti sul territorio come raccontano i fatti di cronaca della zona rossa in provincia di Latina. La comunità indiana è stata abbandonata al suo destino e a quello del caporalato.
"Nelle campagne la legge è dalla parte del padrone” si legge sul Manifesto in un articolo di Marco Omizzolo sociologo che segue la comunità Sikh da sempre.
Sono anche dimenticati e non riconosciuti i tanti clandestini di Stato, più di 650mila persone che vivono nell’anonimato da anni. Sono esclusi da tutto. Vivono in una zona grigia e secondo le norme attuali non possono essere regolarizzati, dovrebbero essere solamente espulsi. I criteri per avere un documento sono restrittivi e spesso alimentano il mercato illegale di varie documentazioni. Trovo assurdo che un migrante che ottiene un riconoscimento in Italia, lo stesso trovi difficoltà a convertirlo in un altro paese europeo. Inconcepibile è il fatto che alcuni migranti che lavorano, pagano le tasse nel nostro paese ma da anni aspettano ancora una risposta per il loro status. Tanti sono gli invisibili. Quelli che la legge li fa diventare clandestini. Il 18 maggio si terrà lo sciopero degli invisibili proclamato da Aboubakar Soumahoro. Anche questo è stato oggetto di polemica da una parte della sinistra, perchè qualche giorno fa Aboubakar ha avuto un incontro con Enrico Letta segretario del PD. A dimostrazione del fatto che ci sono ancora troppe divisioni anche a sinistra circa la questione dei migranti.
Mentre la sinistra discute da che parte stare, le persone continuano a morire in mare e le persone continuano a sbarcare sulle coste siciliane. Nelle ultime ore sono arrivate in Italia circa mille persone.. Come verranno accolti? Verranno stipati sulle navi quarantena?
Tra l’altro, proprio due settimane fa Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera costiera, ha lanciato l’allarme dichiarando che l’Italia è esposta a immigrazione clandestina e a rischio invasione con la fine del lockdown. “Prevediamo che appena le misure restrittive anti Covid saranno allentate e si potrà, quindi, circolare più facilmente, una massa importante di migranti irregolari si rimetterà in viaggio per raggiungere l’Europa”. L’avvertimento di Fabrice Leggeri, direttore esecutivo di Frontex, è chiaro.
Che si fa?
Possiamo fasciarci la testa a parlare di immigrazione. Ma, fino a quando in Italia non si metterà in discussione la legge Bossi-Fini che regge e regolamenta (ancora) l’immigrazione nel nostro paese, la situazione sarà sempre ingarbugliata. I decreti di questi anni non hanno modificato l’impianto legislativo; lo hanno reso solo più farraginoso e inumano. È l’approccio che deve cambiare. Bisogna modificare la chiave di lettura e di analisi partendo dal presupposto che non si tratta di un fenomeno che riguarda solo l’Italia. E rabbrividisco a pensare che oggi in Europa ci sono 470 chilometri di filo spinato, quattro volte più del Muro di Berlino. La questione riguarda uno dei diritti più antichi dell’uomo cioè quello di spostarsi. E l’Occidente illuminato prova a sopprimerlo. Se questo può sembrare un ragionamento idealista che può coinvolgere una parte di persone allora passiamo a quello pratico che dovrebbe trovare tutti d’accordo: la sicurezza. La sicurezza intesa non come azione repressiva ma come atto di civiltà: non più morti i mare; i centri di accoglienza funzionanti e che dovrebbero prevedere progetti di inclusione realizzati insieme alla rete territoriale; accessibilità agli uffici immigrazione. Questo non significa essere buonisti, ma programmare, non lavorare in emergenza creando caos ed emarginazione. Da questa situazione di diritti mancati e incertezza l’unica via è quella di realizzare una nuova legge sull’immigrazione, una riforma degli uffici preposti, una chiara gestione dei centri d’accoglienza. Ma per riorganizzare il sistema e renderlo giusto, accessibile ed equo c’è bisogno di dialogo, discussione con gli enti del terzo settore e le associazioni dei migranti che vivono in prima linea il fenomeno migratorio.
Il resto è solo propaganda.