Layout del blog

Yasmin Tailak

Studentessa italo palestinese

Onore al popolo palestinese

Ricordate!
Sono un arabo.
E voi avete rubato gli orti dei miei antenati
E la terra che coltivavo
Insieme ai miei figli,
Senza lasciarci nulla
se non queste rocce,
E lo Stato prenderà anche queste,
Come si mormora.

(Mahmood Darwish)

Tra cinque giorni, il 15 Maggio, il popolo palestinese marcherà l'anno 73 della Nakba, sul calendario del disastro che porta il nome dell'occupazione sionista. E' il giorno dell'esodo, dell'abbandono delle case, delle terre coltivate, delle pietre su cui camminare, per settecentomila arabi. Quasi nessuno tornerà in patria.
E poi quale patria? Spossessati anche del diritto a un'ufficialità, ad un nome, ad uno Stato, non è rimasta alcuna soluzione se non portarsi la patria nel cuore, in qualunque angolo del mondo, in qualunque rifiugio, in qualunque campo profughi disastrato.
Per chi è rimasto, per chi se n'è andato.
Onore al popolo palestinese.

Onore al popolo palestinese.
Sfrattato, umiliato, picchiato, martoriato, ucciso, impoverito.
Eppure resistente. Fermo come un albero, le radici ben piantate a terra, sempre nuovi frutti che si nutrono del seme amaro dell'ingiustizia, delle infanzie negate, delle prigioni in cui sfiorire, della privazione di ogni bene basilare per una vita senza rabbia.
E gli ulivi spiantati, il grande simbolo. E le pietre, e le fionde, e i massacri di Sabra e Chatila.
E Gaza, sola e nuda.
Onore al popolo palestinese.

Onore al popolo palestinese.
E alla sua pazienza. Che nessuno può sapere cosa si prova, se non lo conosce, se non lo si vive.
Gli insulti degli invasori, e le loro violenze, essere trattato da straniero e usurpatore da chi si insedia in casa tua, al posto tuo, ti fa le valige, e ti calcia fuori a bastonate. La vergogna dei check-point, uscire di casa e sapere che il poliziotto che hai di fronte si metterà tra te e il colono che ti grida 'morte agli arabi', e spingerà via te, che dai fastidio.
E le bombe al fosforo bianco, e le macerie. E i bambini senza scuola, e i malati senza ospedale.
E le fontane senza acqua, e i 'danni collaterali' dei famosi 'attacchi mirati'.
Onore al popolo palestinese.

E l'ultimo venerdì di Ramadan, a Gerusalemme. L'aria della primavera, i fedeli che si affollano lungo la Spianata delle moschee. Due ore prima tre palestinesi uccisi a Jenin. Mercoledì scorso un sedicenne arabo, Saeed Odah, ferito a morte, allo stomaco, dall'esercito sionista per presunte minacce di aggressione. Saeed è morto. Nessun soldato è stato neanche lontanamente sfiorato. Nessuno risponderà di questo.
E duecentocinquanta feriti ad Al-Aqsa, e i colpi alla testa, i 'proiettili di gomma' che entrano negli occhi e levano la vista. E i coloni brutalizzati dalla misantropia che si gettano con le auto in corsa contro i ragazzi arabi, e gli spari contro le folle. I video sono ovunque, il mondo ha visto.
Le granate stordenti e i lacrimogeni lanciati direttamente nel luogo di culto.
I fedeli dietro le colonne, per proteggersi.
Onore al popolo palestinese.

E l'ennesima, clamorosa, umiliazione: lo sfratto di Sheikh Jarrah, quartiere est di Gerusalemme, la casa per 38 famiglie palestinesi che negli anni '60 comprarono, grazie ad un accordo col governo giordano, terre e proprietà. Da un tribunale all'altro, sballottati col rischio perenne di veder perdere tutto, perchè l'invasione, piccola o grande che sia, prima o poi arriva ovunque, in ogni stanza, in ogni cortile. E i tribunali che danno ragione ai coloni, e i dispositivi di sfratto già consegnati a trecento arabi, e i timbri stampati sugli ordini di demolizione.
Onore al popolo palestinese.

Onore al popolo palestinese.
Perchè ci vuole coraggio per una vita così. Ci vuole coraggio per non farsi mangiare ogni giorno dalla furia, perchè qualcuno ha deciso che lì dove hai sempre vissuto, dove i tuoi nonni hanno messo radici, e i loro nonni ancora prima, è la Terra promessa di altri, e quindi sei pregato di andartene, possibilmente senza far troppo rumore. Ci vuole coraggio ad urlare, col mondo che gira la faccia, con la stampa mondiale che si affida a termini impersonali e narrazioni mistificate - non sia mai si dovesse pronunciare a chiare lettere il nome dell'attore israeliano, dell'agente sionista, che uccide, che spara, che attacca e colonizza.

E ci vuole tanta forza per resistere, una forza sovrumana, dopo un secolo intero e settantatre anni ufficiali di angherie e soprusi. La colpevolizzazione, l'incomprensione, i tentativi di soluzione ingiusti e umilianti, la violenza come pane quotidiano, e i palestinesi fermi lì, ancora lì, nelle loro casupole ridotte in cenere dalle sofisticatissime armi israeliane, nelle strade delle città a lanciare le pietre, sui tetti delle moschee a sventolare la loro bandiera, davanti a polizia, soldati, cecchini, e tiratori di altissimo livello, perchè non si abbandona niente, mai e a nessun costo.
Onore al popolo palestinese.
Autore: La redazione 27 lug, 2023
Politiche per il cambiamento climatico significa città sostenibili. Quelle italiane sono pronte?
Autore: Andrea Maestri 08 mar, 2023
Lettera alla donne di Cutro
Autore: Irina Di Ruocco 07 mar, 2023
Tra Super-bonus e Super-opportunità
Autore: Giancarlo Marino 04 mar, 2023
La copertina è tratta da Palestina. Una nazione occupata opera di Joe Sacco fumettista e giornalista. 
Autore: Paolo De Martino 27 feb, 2023
La vera sfida inizia adesso
Autore: La redazione 25 feb, 2023
Il sostegno a una confederazione israelo-palestinese sta guadagnando terreno
Show More
Share by: